mercoledì 25 marzo 2015

A proposito dell'ingratitudine.
Riflettendo sul comportamento di persone da me spontaneamente (e senza la menoma apettatativa di un ritorno di benefici economici) aiutate a superare difficoltà di vario genere, ad alcune delle quali ho contribuito a cambiare in meglio la qualità della loro vita professionale, mi sono domandato perchè quelle stesse persone, una volta incamerato l'aiuto richiesto e talora fortemente sollecitato, molto spesso (ma fortunatamente esistono lodevoli eccezioni) esprimono verso il benefattore indifferenza,oblio ed in definitiva ingratitudine.
Ho tratto l'impressione che l'ingratitudine spesso nasce da un odioso complesso di inferiorità verso il benefattore che induce il beneficato a dimenticare o a negare o a minimizzare  l'aiuto ricevuto con l'intento di non ammettere la superiorità del benefattore. Oppure perchè considera che quell'aiuto era un atto dovuto o un suo diritto.
Il filosofo francese La Rochefoucault sosteneva che la riconoscenza consiste nell'attesa di nuovi favori; ragion per cui quando non sei più nelle condizioni di erogare nuovi favori scatta la irriconoscenza e l'ingratitudine. Anche Tacito ha detto la sua in proposito, sostendo che i benefici che non possono essere ricambiati generano non riconoscenza bensì antipatia e talora anche odio.
L'ingratitudine è una meschinità di molte persone. Perchè non si esprime amicizia, affetto e vicinanza verso chi ti ha aiutato?
Sono assolutamente d'accordo con Magris quando sostiene che ogni gesto di solidarietà, ogni gentilezza, ogni aiuto che ti viene spontaneamente e liberamebte dato dovrebbe essere colto come un raggio di luce in una bella giornata. Essere grati significa essere giusti, significa avere rispetto degli altri.

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